Articolo di MARCO VIGNOLA e AUGUSTO BOER BRONT
Pubblicato il 12.02.2022; tutti i diritti riservati.
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Rampollo della nobile famiglia degli Albizzeschi, Bernardino da Siena nacque a Massa Marittima nel 1380 e morì il 24 maggio del 1444, venendo infine canonizzato a sei anni precisi dalla morte.

La sua infaticabile attività di predicazione lo rese una delle figure spirituali più influenti del Quattrocento italiano, guidandolo tanto nelle piazze quanto nelle più grandi corti dell’Italia del suo tempo.
A differenza di altri predicatori contemporanei, il suo stile si manteneva tuttavia ben lontano da una retorica eccessiva, preferendogli una narrazione semplice e nutrita di esempi tratti dalla vita quotidiana, che potessero raggiungere anche le menti più semplici e meno avvezze agli artifici retorici cari agli umanisti.

Un esempio concreto delle sue umili (ma efficaci) parole ci è trasmesso dalle 45 prediche tenute a Siena nell’estate del 1427 in Piazza del Campo, trascritte stenograficamente su tavolette cerate da Benedetto di maestro Bartolomeo.
Una di queste in particolare, intitolata “La buona corazza”, risulta illuminante per gli studiosi di oplologia e di metallurgia più in generale. Qui Bernardino fa esplicito riferimento a un incontro da lui avuto durante un suo soggiorno milanese (probabilmente intorno al 1419-20) con un “perfetto maestro” armoraro, che gli mostrò come distinguere una buona corazza da una di qualità inferiore. Lasciamo a questo punto la parola a Bernardino stesso:

«Quando io fui a Milano, io la imparai a cognòsciare da uno perfetto maestro, e dissemi la ragione a volerla fare buona, come ella voleva essere fatta. E dissemi che a volerla buona, non voleva essere né d’acciaio né di ferro. O di che la faremo dunque? Dissemi che voleva essere fatta in questo modo: che voleva essere da uno lato acciaio e dall’altro di ferro. E volevasi fare in questo modo, che si voleva fare piastre d’acciaio puro e piastre di ferro puro. Se fusse tutta di ferro, non sarebbe forte, ché il guirrettone la passarebbe: e se fusse tutta d’acciaio, la percossa della lancia o d’altro la spezzarebbe. E però si voleva fare dell’uno e dell’altro, cioè di fuore l’acciaio e di dentro il ferro, e bàttare insieme l’uno coll’altro, e farne uno corpo, ed in quello modo sosterrebbe alla percossa, ed anco non passarà mai il ferro: una alteri coniungitur: e così sarà perfetta».

(Novellette ed esempi morali di San Bernardino da Siena, a cura di A. Baldi, 1916, p. 79)

FIG. 1 – Bacinetto con ventaglia, 1390-1410 c. (Wallace Collection, inv. A69); foto di Augusto Boer Bront

Il passaggio, ben comprensibile in ogni suo punto senza fraintendimenti lessicali, dimostra come una “buona corazza” milanese avesse caratteristiche più complesse di quanto sia immediatamente visibile ad occhio nudo e come alle piastre si applicassero processi tecnologici analoghi a quelli di alcune lame. In queste, infatti, l’unione di ferro e acciaio non era certamente una novità, perché l’acciaio attraverso la tempra può raggiungere strutture di grande durezza come la martensite (una forma polimorfa metastabile dell’acciaio).

Se un tagliente molto duro in un coltello poteva offrire grandi vantaggi a livello di tenuta del filo, per contro una lama interamente martensitica avrebbe sofferto il rischio di frantumarsi se percossa, non diversamente da un vetro. Unendo un tagliente duro ad un dorso di ferro più duttile, invece, l’utensile avrebbe riassunto i benefici della resistenza del filo alla tenacità del ferro, offrendo un eccellente compromesso tra robustezza e capacità di resistere ai colpi.

Questo concetto applicato ad una piastra difensiva realizzata in due strati, come abilmente spiegato da San Bernardino, avrebbe pertanto coniugato la maggiore resistenza alla penetrazione di uno strato esterno più duro alla duttilità della sezione interna.
Un verrettone, per esempio, avrebbe più difficilmente scalfito e penetrato la scorza temprata, mentre colpi di lancia o altre azioni percussive non avrebbero portato la piastra ad infrangersi, ma piuttosto l’avrebbero ammaccata con minori conseguenze per il combattente.

FIG. 2 – Bacinetto con ventaglia, 1390-1410 c. (Wallace Collection, inv. A69); foto di Augusto Boer Bront

L’eccezionale testimonianza di Bernardino trova peraltro conferma nell’esame ravvicinato di un bacinetto probabilmente milanese e oggi alla Wallace Collection, databile intorno al 1390-1410, ovvero ad un periodo non distante dalla predica del Santo.

Sui bordi di questo prezioso manufatto, è chiaramente apprezzabile in più punti una struttura stratificata della piastra (figg. 1-2), che conferma in pieno il testo della predica, con un riscontro diretto e di rara efficacia della perizia eccezionale raggiunta dagli armorari milanesi tra Trecento e Quattrocento.

Un “segreto dell’arte” pervenuto sino a noi grazie alle parole proferite in un giorno d’estate del 1427 in Piazza del Campo, da uno dei Santi più emblematici dell’Italia del Quattrocento.

PRINCIPALI FONTI DI RIFERIMENTO

Vita di San Bernardino: CLICCA QUI

Edizione delle sue Novellette: CLICCA QUI

Scheda del bacinetto presso la Wallace Collection: CLICCA QUI

Manifattura delle lame di coltello: Cowgill J., De Neergard J., Griffiths N. (a cura di), Knives and Scabbards, Woodbridge, 1987, p. 62 e ss.