Articolo di MARCO VIGNOLA
Pubblicato il 17.07.2025; tutti i diritti riservati.

Uno degli interrogativi più “spinosi” relativi alle difese delle fanterie italiane nel pieno Quattrocento è sempre stato l’impiego o meno dei petti da fante cosiddetti “alla tedesca”.

Se la loro produzione negli ateliers peninsulari è assolutamente “certificata” dalla munizione conservata a Castel Coira (marchiata con segni bresciani non equivoci), a livello iconografico tali protezioni non sembrano presentarsi almeno fino agli anni ‘90 del secolo, quando Vittore Carpaccio li ritrae nelle sue Storie di Sant’Orsola.
L’impiego dei petti “globoidi” tipici del secondo Trecento (ben testimoniati, per esempio, dall’altare argenteo di San Jacopo a Pistoia) sembra infatti interrompersi, mentre incontestabile risultava il favore del quale godevano le “brigantine”.

VITTORE CARPACCIO, “Storie di S. Orsola”, episodio “Arrivo dei pellegrini a Colonia” (1490, Gallerie dell’Accademia, VeneziaWikimedia

Il testo di un piccolo quaterneto milanese, condizionato nella busta miscellanea “Autografi, 227” dell’Archivio di Stato di Milano e recentemente trascritto integralmente in un mio contributo reperibile su Academia, può offrire tuttavia qualche spunto interessante su questo capitolo molto specifico dell’oplologia.

Compilato nel 1451, la sua stesura sembrerebbe il prodotto di una sola missione compiuta da Giovanni Orombelli, “collaterale” di Francesco Sforza, visitando le rocche sparse nei territori sud-occidentali del ducato, a guardia degli strategici passi appenninici fin verso Parma, Piacenza e quindi Milano.

Tra i molti inventari qui stilati, uno relativo alla fortezza dei San Colombano al Lambro (citato integralmente in appendice) menziona esplicitamente la presenza di ben 10 “pecti de azale novi”.
Ferme restando tutte le possibili incertezze lessicali che potrebbero inficiare la corretta lettura degli antichi inventari, il termine “pecto de azale” (= petto di acciaio) lascia ben poco spazio a dubbi, così come l’aggettivo “novi”, logicamente indicante prodotti “nuovi”.

Trattandosi di pezzi di fresca manifattura, inoltre, possiamo con buona certezza escludere che si trattasse di elementi residuali, come per esempio il “pectum ferreum” citato nella periferica rocca di Ranzo, in provincia di Imperia, molto probabilmente un esemplare ormai vetusto della più vecchia tipologia globoide (1424; Archivio di Stato di Genova, Antico Comune 338, c. XXVII v.).

Possiamo dunque asserire con qualche certezza che intorno alla metà del XV secolo almeno una fortificazione in suolo italiano vantasse una munizione abbastanza numerosa di petti da fante, molto probabilmente di fabbrica milanese, dato che le turbolenze belliche antecedenti la Pace di Lodi certamente non favorivano l’importazione di materiali strategici come le armi.

Petto da fante di produzione milanese, marchiato e databile tra 1465 e 1475; proviene dall’Armeria del Conte Trapp a Castel Coira ed è attualmente conservato presso le Royal Armouries di Leeds (inv. III.1282) – www.royalarmouries.org

A livello storico ricostruttivo, è in ogni caso utile ricordare la fortissima prevalenza di armamenti corazzati tanto negli inventari quanto nell’iconografia, sconsigliando dunque indebite generalizzazioni in merito ai petti da fante.
E’ tuttavia probabile che a difesa dei parapetti di alcune fortificazioni queste difese venissero salutate con favore, in quanto più comode delle brigantine e tutto sommato equivalenti a livello protettivo, visto che i difensori in questo caso non dovevano presentare la schiena agli assalitori, a differenza delle fanterie campali molto più mobili ed esposte anche sulle terga.

Archivio di Stato di Milano, Autografi, 227, c. 2v.

Sanctocolumbano

In esso castello de Sanctocolumbano gli sono le infrascripte a presso de magistro Ioseph ibidem castellano et cetera:
prima balestre IIII° a bancho cum banchi II
item balestre IIII° a molinelo senza molineli
item Iᵃ altra balestra a molinelo rota
item balestre VIII a cirela et a manete sine crochi et cireli et Iᵃ stambuchina, quale sono inutille
item coraz(e) VII coperte cum suoy speraroli
item coraz(e) V
[1] scoperte sine speraroli
item pecti X de azale novi
item tarchoni VIIII° et sgiopeti VIIII°
item sgiopeti II roti
item spingarda Iᵃ de metalo
item Iᵃ altra de ferro cum suo cepo
item libre CCL de piombo cum certe balote
item bombardele V pizole da mano
item capse XIIII° de veretoni a bancho et a busola
item barili VI½ de polvere a bombarda

item barile I a schiopeti
item Iᵃ corda grossa e longa
item lumerii II et due lucerne
item stopini XXV et palli II de ferro
item cadene II a ponte levatorio cum certis fornimentis
item gavete XIIII° de fillo a balestre
item stari LXXVII furmenti
item campana una Iᵃ et I° curlo
[2]
item lectere X tra grande e pizole
item banche IIII° grande e pizole
item archoni II° et discho uno
item modii V farine
item vaseli VIII a vino de brente XLIII et pleni
item capsono I° a farina et Iᵃ buratora
item molandino I fornito da macinare
item vaseli X de brente C in li quali sono brente LX vini albi et vermili
item vaseli a vino quali sono del magnifico mesere Cicho.

[1] “segue “s” e altra lettera abbozzata depennate

[2] Così nel testo

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Per celebrare il 25° anniversario dalla sua prima edizione, l’evento di rievocazione storica “Trecentesca” si trasforma quest’anno in “Morimondo nella storia”, dando vita a una grande rievocazione multiepoca.
Un affascinante viaggio nel tempo che porterà i visitatori dalla Roma antica al Medioevo, dal Rinascimento al Barocco, fino all’età napoleonica.

L’evento si svilupperà su circa 5.000 mq di spazio e coinvolgerà centinaia di rievocatori provenienti da tutta Italia. Grazie all’archeologia sperimentale e a una divulgazione storica precisa e coinvolgente, i visitatori potranno immergersi in un’esperienza di Living History unica, entrando in contatto diretto con ambienti e situazioni storiche ricostruite nei minimi dettagli.

Immagine tratta dal sito del FAI (www.fondoambiente.it)

Lungo il percorso saranno allestite aree ristoro, mercatini e banchi dei commercianti, mentre animazioni e intrattenimenti arricchiranno l’esperienza per tutta la famiglia. Non mancheranno inoltre laboratori didattici esperienziali che si concentreranno sull’età medievale e sul mondo monastico, trattando temi come l’erboristeria, la miniatura, la calligrafia, l’affresco e la musica.

L’evento è organizzato dalla Fondazione Abbatia Sancte Marie de Morimundo, dal Comune di Morimondo, dall’Associazione Italiana Siti e Abbazie Cistercensi (AISAC) e dall’Associazione Culturale Compagnia di Porta Giovia, con il patrocinio dell’Ente Parco Lombardo della Valle del Ticino e la collaborazione della Pro Loco e della Parrocchia di Morimondo.

L’Ass. Cult. IMAGO ANTIQUA (www.imagoantiqua.it) prenderà parte a questo imperdibile evento con il proprio mercato storico-didattico, comprendente attività mercantili e artigianali del tardo Quattrocento italiano.

I nostri ricostruttori, in modo istruttivo e coinvolgente, vi condurranno alla scoperta dei mestieri di tintore, sarta, stringara (fabbricante di lacci), coltellinaio e merciaio, con la possibilità di visionare repliche di qualità museale e reperti originali.

Immagine tratta dal sito www.ilpiedeverde.it


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Per altre informazioni:
Fondazione Abbatia Sancte Marie de Morimundo – Segreteria
02 94961919; fondazione@abbaziamorimondo.it
da mercoledì a lunedì ore 8:30 – 12:30 e 14:30 – 16:30 (martedì uffici chiusi)

Articolo di MARCO VIGNOLA
Pubblicato il 06.04.2025; tutti i diritti riservati.

Il 18 dicembre 1476 Agostino Spinola eseguì l’ispezione di una nave appartenente a Nicola “de Nigrono” e capitanata da un certo Alaono, onde verificarne l’adeguato equipaggiamento. Come infatti già attestato dal trecentesco “Liber Gazarie”, era prassi nella Genova tardo-medievale che ai patroni delle navi s’imponesse un standard minimo di armamento, per dissuadere da eventuali atti di pirateria e garantire la sicurezza di uomini e merci.

I verbali superstiti di queste monstre ci schiudono pertanto un mondo variegato di equipaggi, armi e attrezzature, consegnando dei momenti “congelati nel tempo” e svelando dettagli estremamente interessanti sulla vita marittima.
In prima battuta, tra le figure specializzate che vediamo imbarcate, oltre all’immancabile scriba, compaiono una serie di professionisti destinati alla manutenzione della nave (un calafato, un maestro d’ascia e un tornitore), oltre a un bottaio e a un “balestrarius”: termine probabilmente impiegato per designare non un comune balestriere, ma una figura deputata alla manutenzione delle balestre, visto che sulla nave ne risultavano imbarcate 40 tra quelle a tornio e a girella.

Tre erano invece i bombardieri addetti alla gestione di 21 bocche da fuoco (numero decisamente elevato, data l’epoca) e probabilmente del tipo “a mascolo”, visto che a loro erano destinati ben 69 “canoni” [1], con una media di oltre tre per ciascuna bocca. Fatto interessante, due di questi bombardieri, Robertus de Anglia e Giraldus de Alamania, palesavano nel loro stesso nome una provenienza estera molto esplicita, a segnalare la forte mobilità di queste figure professionali.

Bombarda del 1450 c. e bombardella del 1410 c. conservate presso il Musée de l’Armèe – Les Invalides, Parigi; foto Andrea Carloni (2006)

In tutto si contavano 78 uomini stipendiati, suddivisi in 22 specialisti, 23 marinai generici, 29 famuli e 4 “scannagalli” (termine quest’ultimo che in antico designava i mozzi), oltre a 10 imbarcati senza paga; probabilmente semplici passeggeri.

La dotazione di armamenti individuali, comunque, includeva 40 coiracie (ovvero, brigantine) e 46 celate, oltre a cinque dozzine di “lance lunghe” (evidentemente picche), a due dozzine di partigiane, 5 dardi e 12 “targhette”; munizione sufficiente a proteggere poco più della metà dell’equipaggio e ad armarne la totalità, rendendo la nave capitanata da Alaono una sorta di “fortezza galleggiante”.

Non risulta ben chiaro il senso delle “falde” e il concetto di “nave infaldata”, ma forse qui il termine potrebbe designare delle protezioni mobili da impiegarsi contro le armi da lancio, visto che l’utilizzo bellico sarebbe confortato dalla loro inserzione tra gli armamenta. Altrettanto poco chiare sono le thore da ponte (tavole da ponte), pure incluse tra gli armamenti e forse impiegate per abbordare eventuali navi avversarie.

Sebbene non strettamente legato all’arsenale di bordo, si è scelto di trascrivere in appendice anche l’elenco del sartiame, il quale indirettamente ci descrive una forma a più alberi, con vela maestra, mezzana e trinchetto, forse identificabile come una caracca: ovvero, un grande nave da carico che poteva essere fortemente armata, già impiegata dai Genovesi nel Quattrocento in commerci a lunga distanza.

Parte del documento originale oggetto del presente articolo

Archivio di Stato di Genova, Antico Comune, Diversorum 3057.

Dotazione di bordo:

Armamenta:
bombarde viginti unam sive pec(ii)
[2] XXI con canonis LXVIIII
pulveris baril(e) VII grosse plene
balistri de turno et zurela i(n) s(umma)
[3] XXXX, zurele viginti et torni quatuor
veretonorum de zirela et turno capsias viginti
cracie quadraginta sex
celate quadraginta
fade pecii XII et ultra tota nave infaldata
tarchete pecii duodecim, sive X[…]
lamse longe duodene quinque, sive partexane duodene duoi, sive dardara a numero V
thore da ponte pecii septuaginta.

Sartia:
agumene octo nove
agumene quatuor de brachiis XVI in plus
agumene VIII basse
proeiexi, caveti et alia filia ad sufi[…]
anchore sex grosse et una pa
Magistra una con boneta nova et aliis duabus bonetis
Mezana et trincheto novo
contra mezana, velum gabie ciu[…] et multe alie vele similes.


[1] Il lemma qui indicava quasi certamente una camera da scoppio amovibile.
[2] Scioglimento incerto
[3] Scioglimento incerto


INCONTRO CON IL PUBBLICO
Ingresso Gratuito

SABATO 1° Marzo 2025, ore 16:00

PAGINAE. Grafie, manoscritti e libri a stampa nel ‘400

Museo della Città “Luigi Tonini”
c/o Sala degli Arazzi
Via L. Tonini, 1 – 47921 Rimini

Evento organizzato dall’Associazione Culturale IMAGO ANTIQUA, con il patrocinio del Comune di Rimini.


Relatore: MARCO VIGNOLA, paleografo ed archeologo medievale.

Introduzione a cura di: ANDREA CARLONI, presidente Imago Antiqua.

Attraverso un excursus sui supporti (carta e pergamena) e sugli strumenti utilizzati dagli scribi, forniremo un inquadramento generale dell’atto della scrittura nel Tardo Medioevo, con distinzione tra libraria e corsiva.

Di seguito ci soffermeremo sulla svolta cruciale introdotta con la stampa, partendo dai primi esperimenti tipografici fino a giungere alla vera e propria rivoluzione rappresentata dall’adozione dei caratteri mobili di Gutenberg.
A fine lavori sarà possibile visionare dal vivo un post-incunabolo ed alcuni documenti notarili originali, nonché la ricostruzione di un manoscritto dotato di legatura membranacea, contenente ricette cosmetiche e mediche, in buona parte tratte dai celebri Experimenti di Caterina Sforza.

Per informazioni: info@imagoantiqua.it ; 349 1456380 (Segretario)

Conferenza scrittura_12
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Riprese audiovideo – Canale YouTube di IMAGO ANTIQUA

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