Articolo di ANDREA CARLONI
Pubblicato il 14.03.2023; tutti i diritti riservati.
La maggioranza dell’oro e buona parte dell’argento usati in età medievale venne riciclata da epoche del passato e molte delle gemme erano probabilmente sopravvivenze del mondo antico.
La stessa caduta dell’Impero Romano d’Occidente decretò un’apprezzabile redistribuzione delle “ricchezze portatili”, categoria alla quale i gioielli senz’altro appartengono, analogamente a quanto si registra per i cambiamenti che interessarono la dimensione politica e culturale.
Sovrani e nobili indossavano oro o argento, spesso adornati da costose pietre preziose; i ceti più umili, invece, perlopiù attingevano a metalli di base, come rame o peltro, talvolta montati con vetro colorato, a imitazione delle gemme.
Smalti e pietre conferivano colore ai monili, per quanto vedremo come diverse tra le seconde venissero valutate soprattutto per il loro intrinseco potere talismanico, reputato una valida difesa contro malattie e pericoli di varia natura; perle macinate e polvere d’oro erano occasionalmente usate in campo medico, anche se, a dire il vero, ciò era valido solo per l’elite.
Erano parimenti apprezzati anche i gioielli decorati con iscrizioni magiche, per quanto spesso di significato criptico, in quanto si pensava fossero in grado di proteggere chi li indossava.
I preziosi, dunque, rivestivano un ruolo molto più di spicco e diversificato che non nei tempi odierni: seguirà un breve excursus sulle principali tematiche legate alla gioielleria tardomedievale, nonché l’indicazione di alcune schede di approfondimento disponibili in rete in merito a rilevanti reperti del Quattrocento italiano ed europeo conservati nei musei di tutto il mondo.
TESORI DEL XV SECOLO
Sono noti cumuli medievali di monili d’oro e d’argento sparsi un po’ ovunque in Europa.
In Francia e Germania sono stati rinvenuti numerosi tesori databili intorno al 1340-1350, un periodo che può essere posto in relazione con la terribile epidemia nota con il nome di “Peste Nera”, che imperversò in lungo e largo in Occidente in quegli anni.
Tesori del XV secolo come quello ritrovato a Fishpool (Nottinghamshire, Inghilterra), interamente composto d’oro, o quello ritrovato a Chalcis (Eubea, Grecia), perlopiù in oro e argento dorato, vennero probabilmente nascosti in tempi di guerra dai loro ignoti proprietari e potrebbe trattarsi di gioielli appartenuti a più di una persona.
Il tesoro aureo di Fishpool (clicca QUI) include gioielli montati con pietre preziose ed altri decorati con incisioni e smalto, negli stili tipici del Nord Europa, specialmente francesi e inglesi. Tale patrimonio, comprendente 1.237 monete d’oro, fu seppellito nel primissimo 1464, durante la Guerra delle Rose. La sua ricchezza mostra che i relativi possessori erano eccezionalmente agiati, forse mercanti o membri della nobiltà catturati in battaglia.
Anche il tesoro di Chalcis (clicca QUI) si è preservato a causa di un conflitto. Quando vennero minacciati dall’invasione dei Turchi nel 1470, gli opulenti abitanti veneziani di Chalcis, nell’isola greca di Eubea, situata nel Mediterraneo, celarono i propri valori nel castello. Venuti alla luce nel XIX sec, i monili di Chalcis sono oggi divisi tra il Bristish Museum di Londra e l’Ashmolean Museum di Oxford: questo “tripudio d’argento” (spille, bottoni, cinture e anelli), è diretta testimonianza delle ricchezze acquisite tramite il commercio con Venezia e Bisanzio.
Un gran numero di manufatti è adornato da gemme oppure reca incisioni, altri sono lavorati a niello, filigrana o smalto, decorazioni in larga parte tipiche del Sud Europa e forse realizzate a Venezia.
I metalli preziosi impiegati in oreficeria variarono leggermente nel tempo, riflettendo la loro disponibilità.
Nel XII e nel XIII secolo i gioielli in argento sembrano essere stati molto più comuni di quelli in oro, sebbene con l’arrivo del XV secolo l’impiego di quest’ultimo divenne assai più usuale, parallelamente al revival in Europa della monetazione aurea (a integrazione dell’argentea), che in Italia si documenta almeno a partire dal 1250 circa con la coniazione del ducato, del genovino e del fiorino.
Consideriamo ora alcune lavorazioni artigianali tipiche delle botteghe orafe medievali.
CENNI SUL NIELLO
Il termine niello deriva dal latino nigellum (= nerastro). Si tratta di una mistura di solfuro metallico di colore nero includente zolfo, rame, argento e spesso anche piombo.
La tecnica di niellatura prevede che la superficie sia prima incisa a bulino, quindi cosparsa con la lega predetta, finemente macinata: trattandosi di un composto che fonde a bassa temperatura, esso viene riscaldato per eliminare il superfluo accumulatosi al di fuori dei solchi, facendo così emergere le linee nere del disegno sottostante.
Pendente, Nord Italia (?), 1450-1500 c., Metropolitan Museum (inv. 17.190.968), clicca QUI
Finale di cintura, Italia, 1450-1500 c., British Museum (inv. 2004,U.4), clicca QUI
Fibbia di cintura, Italia, 1400-1500 c., British Museum (inv. AF.2851.a), clicca QUI
CENNI SUGLI SMALTI
La manifattura degli smalti richiede grande abilità, a fronte di un esborso finanziario limitato, in quanto sostanzialmente si tratta di vetro macinato e surriscaldato ad alte temperature, applicato direttamente sulla superficie metallica. Nel Tardo Medioevo si registrano essenzialmente tre diverse tecniche di smaltatura.
1) smalto champlevé (= “a fondo rialzato”): tecnica che prevede l’uso di smalto opaco. Dal XII secolo il centro di eccellenza fu Limoges, nella Francia sud-occidentale. Il metallo viene innanzitutto inciso a fondo, creando alveoli/cavità che vanno a comporre un disegno, quindi si passa a cospargerlo di vetro finemente macinato dai colori vivaci e infine lo si scalda; le parti non scavate della superficie originale, solitamente dorate nel Medioevo, rimangono visibili come contorno dei disegni smaltati.
Bacio della pace, Italia, 1485-1500 c., Museo del Louvre (inv. OA 5562), clicca QUI
Placca del Maestro Monverni, Francia (Limoges), 1480-1490 c., V&A Museum (inv. C 143-1911), clicca QUI
Ornamento di bardatura equestre, Spagna, 1420-1500 c., V&A Museum (inv. M 25-1954), clicca QUI
2) smalto basse taille (= “a basso rilievo”): tecnica realizzata con smalto traslucido, inventata nell’ultimo quarto del XIII secolo. La superficie del gioiello d’oro o argento è incisa a varie profondità, quindi viene ad essa sovrapposto uno strato di smalto colorato, conferendo un effetto scintillante che nessun orafo moderno ha mai superato.
Dittico, Germania Settentrionale, 1450-1480 c., V&A Museum (inv. 213-1874), clicca QUI
Medaglione con scena della Crocifissione, Francia, 1415-1425 c., Museo del Louvre (inv. MR 2606), clicca QUI
Pendente a trittico con scena della Natività, Francia, 1460-1500 c., Cleveland Museum of Art (inv. 1947.508), clicca QUI
3) smalto en ronde bosse (= “a tutto tondo”): tecnica basata sull’utilizzo di uno spesso strato di smalto traslucido oppure opaco (più comunemente il secondo). Fu perfezionata in Francia nel tardo XIV secolo ed è ideale per le lavorazioni a tutto tondo, ossia per gioielli tridimensionali trattati come sculture in miniatura. Le corti di Francia e Borgogna videro un grande numero di opere commissionate con questa tecnica, soprattutto intorno al 1400 ma apparentemente anche nel secondo quarto del secolo.
Spilla, Europa, 1400-1450 c., V&A Museum (inv. M 1-2020), clicca QUI
Statuetta ritraente S. Caterina d’Alessandria, Francia, XV secolo, Metropolitan Museum (inv. 17.190.905), clicca QUI
Anello, Francia-Borgogna, 1450 c., Metropolitan Museum – Griffin Collection, clicca QUI
PROVENIENZA DI PIETRE E GEMME
Venezia e Genova erano notoriamente porti fondamentali, in quanto dominavano le rotte commerciali verso Costantinopoli (l’odierna Instabul) e l’Oriente, fonte delle gemme più prestigiose (quelle rosse, blu e verdi erano le più ricercate). La lista che segue offre una visione sintetica dei principali paesi di importazione.
AFGHANISTAN
► rubino spinello (rubino di basso livello e di minor valore, color rosso spento/rosato, citato nelle fonti come “balano” o “balascio”);
SRI LANKA
► rubino corundum (varietà più rinomata e costosa, color rosso intenso, di durezza quasi pari al diamante)
► zaffiro
PERSIA/TIBET
► turchese
INDIA
► rubino corundum
► smeraldo
► diamante
MYANMAR (BURMA)
► rubino corundum
EST EUROPEO
► opale
► granato
GERMANIA
► ametista
ITALIA + PAESI MEDITERRANEI
► corallo
► perle
NORD EUROPA
► ambra
► cristallo
► perle di piccoli bivalvi
CARETTERISTICHE DI BASE DELLE GEMME
Nell’oreficeria medievale le pietre preziose venivano scelte in ragione di tre proprietà peculiari:
* colore
* dimensione
* virtù (proprietà medicali o magiche ritenute connaturali alle stesse).
VIRTU’ DI GEMME E PIETRE
Le gemme sono sempre state considerate talismani naturali per via della brillantezza, del colore o della durezza.
Nel Medioevo, così come nelle epoche successive, si riteneva che esse possedessero diverse potenti qualità, sia di tipo medicale che magico. Alcuni testi enciclopedici denominati “lapidari” offrivano una descrizione sistematica delle differenti pietre preziose e semi-preziose, in funzione della specifica origine, apparenza e virtù.
Tra i testi più noti pervenuti si possono citare la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio (I sec. d.C.) ed il Liber Lapidum di Marbodo, vescovo di Rennes (XI sec. d.C.).
Segnalando solo le gioie e pietre più importanti, considerando anche l’apporto di altri scrittori, risulta quanto segue:
– il diamante (dal greco adamàs = invincibile) conferisce coraggio e protegge contro gli incubi;
– lo zaffiro possiede qualità raffreddanti (efficace contro eccessiva sudorazione, emicranie ed ulcere), protegge la vista, evita la balbuzie, favorisce castità, pace e riconciliazione, potenzia l’accoglimento delle preghiere, espelle invidia, rivela frodi e stregonerie, cura il morso dei serpenti (secondo Marbodo era adatto ai sovrani);
– il rubino mantiene in buona salute, disperde i cattivi pensieri, riconcilia le discordie, contrasta la lussuria;
– lo smeraldo cura l’epilessia e le malattie degli occhi;
– il turchese protegge dai veleni e previene le cadute da cavallo;
– la bufonite, di colore giallo-verde, si riteneva efficace per curare le malattie renali e sicuro talismano di felicità terrena (cfr. Johannes de Cuba, Hortus Sanitatis, 1498); a parere di alcuni era utile anche contro i veleni. Secondo un’antica credenza era estraibile dal cranio dei rospi, ma in realtà si trattava del dente di un pesce fossile del Giurassico inferiore chiamato “lepidote”, estintosi circa 200 milioni di anni fa.
MONTATURE
La forma irregolare di molte gemme levigate logicamente rappresentava una sfida per l’orafo che si trovava ad elaborarne la montatura. Per secoli la soluzione fu quella di assicurarle ad una semplice striscia di metallo continua che le avvolgesse oppure di racchiuderle in una semplice montatura ad artiglio a 4 o 5 rebbi, talvolta astutamente camufatta con motivi a fogliame.
Anello con zaffiro, Europa Occidentale, XV secolo, V&A Museum (inv. M 180-1962), clicca QUI
Con la fine del XIV secolo fu introdotta una montatura smerlata ornamentale. Nei documenti inglesi talvolta si trova citata come “panse” (= pansè, viola del pensiero), senza dubbio per la sua somiglianza ai petali di un fiore.
Anello con zaffiro di William Wytlesey, Inghilterra, 1362-1374 c., V&A Museum (inv. M 191-1975), clicca QUI
Le perle erano normalmente forate e quindi cucite sul vestiario oppure infilate in minuscoli bastoncelli protundenti dal corpo metallico del gioiello. Erano spesso montate a gruppi di 4 o 5 elementi.
Corona Palatina, Europa Occidentale, 1370-80 c., Schatzkammer di Monaco, clicca QUI
TAGLIO DELLE GEMME
Le gemme erano più comunemente utilizzate in una semplice forma arrotondata (chiamata cabochon) e lucidata, spesso lasciando superfici convesse irregolari.
Alcuni sostengono che il taglio iniziò probabilmente a svilupparsi in Europa a partire dal 1200, per quanto sia raro imbattersi in pietre sfaccettate, sia nei documenti scritti che nelle raffigurazioni, prima del 1300 circa.
Sta di fatto che fino al XV secolo le pietre non furono oggetto di tagli elaborati, in quanto ciò risultava impossibile per il bagaglio tecnologico e l’attrezzatura al tempo disponibile in Europa; secondo alcuni, è nondimeno necessario considerare l’ipotesi che le pietre venissero importate dall’Est già tagliate.
Il processo di sfaccettatura potrebbe essere stato elaborato fissando la gemma ad una lastra, facendola venire a contatto con una ruota da taglio, montata sul fuso di un trapano a tornio. La modalità di foggiatura più plausibile si baserebbe sull’abrasione: è ragionevole che la predetta ruota fosse costruita con un materiale più tenero rispetto alla pietra da trattare (es. bronzo o ferro), cospargendola tuttavia con una mistura di olio e sostanze abrasive, ad esempio la polvere di smeriglio; operando le dovute inclinazioni, la frizione prodotta dalla ruota rotante contro la pietra avrebbe verosimilmente dato origine al taglio desiderato.
Alcune gemme, come il granato, erano impiegate sic et simpliciter, ossia sfruttando la forma cristallina naturale, già sfaccettata.
Granato naturale, clicca QUI
Pendente con rubino, zaffiro, perle e granati – Germania, 1450-1475 c., V&A Museum (inv. 4561-1858), clicca QUI
Lo stesso diamante – che a causa della sua proverbiale durezza è notoriamente il più difficile da tagliare – all’inizio venne praticamente lasciato nella sua forma naturale di ottaedro (8 facce).
Esso era semplicemente diviso in due metà per formare due pietre appuntite (spesso erano montate su anelli).
Diamante naturale, clicca QUI
Anello con diamante naturale, Europa, 1400 c., V&A Museum (inv. M. 188-1975), clicca QUI
Durante il XIV e XV secolo il trattamento dei diamanti iniziò a diversificarsi.
Dapprima, la punta del cristallo naturale venne asportata, dando origine ad una superficie piatta; dal Quattrocento in poi si svilupparono progressivamente il taglio a losanga, il taglio dorsale ed il taglio a rosetta.
Esemplificazione dei vari tagli dei diamanti, clicca QUI
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
– M. CAMPBELL, Gold, silver and precious stones, in English medieval industries. Craftsmen, techniques, products, a cura di J. Blair e N. Ramsay, The Hambledon Press, London – New York (1991), pp. 107-166;
– M. CAMPBELL, Medieval Jewelry in Europe 1100-1500, V&A Publishing, London (2009);
– P. VENTURELLI, Gioielli e gioiellieri milanesi. Storia, arte, moda (1450-1630), Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo (1996);
– A. WARD – J. CHERRY – C. GERE – B. CARTLIDGE, Rings through the ages, Rizzoli, New York (1981).